Il Patrono S. Carlo Borromeo
La MISERICORDIA di FIESOLE venera come Patrono San Carlo Borromeo la cui ricorrenza viene celebrata, per tradizione, ogni anno la prima domenica dopo il giorno 4 di novembre.
La figura di S. Carlo Borromeo
di Mons. Giuseppe Raspini
La Confraternita della Misericordia di Fiesole ha come celeste Patrono S. Carlo Borromeo. Le fu dato fino dalle sue origini, che risalgono al 21 marzo 1829, dal Vescovo di Fiesole Giovanni Battista Parretti a richiesta dei fondatori della medesima.
Il motivo che spinse i fondatori a chiedere al Vescovo un tale Patrono trova il suo fondamento nel fatto che in S. Carlo Borromeo si ritrovavano le caratteristiche che essi volevano dare alla loro Associazione: amore verso Dio e amore verso il "prossimo", cioè verso il "fratello" che si trova nel bisogno.
In S. Carlo si riscontravano: l'amore verso Dio nella sua vita improntata all'ascetismo, alla preghiera, alla pratica delle virtù cristiane; l'amore verso il "prossimo", per amore di Dio, nell'uso dei suoi beni personali, di cui era dotato come appartenente ad una ricca famiglia, per soccorrere i poveri ed i bisognosi; la sua premura e la sua opera personale per l'assistenza agli ammalati, per la cura degli infermi, per il soccorso ai colpiti dalla peste durante gli anni 1576-1577; per la consolazione delle persone afflitte e doloranti e sofferenti.
Egli aveva proprio le doti del "Buon Pastore" che dà la vita per le sue pecorelle; del "Buon Samaritano", che spende del suo per la cura dei fratelli
ammalati e bisognosi; del"Cristiano" che mette in pratica le "Opere di Misericordia Corporali e Spirituali".
La scelta non poteva essere più adatta e migliore. La "Misericordia di Fiesole" doveva ispirarsi all'opera di S. Carlo Borromeo.I "Fratelli e le Sorelle" a lei
appartenenti devono operare verso"fratelli in stato di bisogno" da "Buoni Samaritani" del Vangelo, come Carlo Borromeo.
Chi era Carlo Borromeo? Ecco in breve il riassunto della sua vita e della sua attività.
Carlo appartenne ad una delle più nobili, ricche e potenti famiglie milanesi.
I Borromeo erano una famiglia fiorentina. Un ramo di essa si trasferì a Milano verso il 1370. I Borromeo entrarono nelle grazie dei Visconti, duchi di Milano.
Nel 1445 il Duca Filippo Maria Visconti conferì a Vitaliano Borromeo il "feudo" di Arona e lo creava Conte. I Borromeo divennero così Conti di Arona.
Da questa concessione ebbe origine la ricchezza e la potenza della famiglia milanese dei Borromeo.
Fra gli appartenenti a questa famiglia merita un particolare ricordo il padre di Carlo per la sua particolare religiosità e per la sua carità verso i poveri.
Carlo nacque il 2 ottobre del 1538 nella Rocca di Arona sulla riva occidentale del Lago Maggiore da Gilberto e da Margherita de' Medici, sorella di Papa Pio IV:
una luce insolita avrebbe accompagnato l'evento della sua nascita.
Carlo, che era il secondo dei figli maschi, diede presto segni di vocazione allo stato ecclesiastico. A sette anni, il 13 ottobre del 1545 fu aggregato al clero
milanese ricevendo nel palazzo arcivescovile di Milano l'abito clericale.
All'età di nove anni Carlo perse la madre, donna piissima; affetto materno ritrovò anche nella seconda moglie del padre, che rimasto vedovo a trentasei anni
con sei figli, si risposò con la Marchesa Taddea Del Verme, vedova del Conte Lucrezio Gambara.
Carlo aveva appena 12 anni quando ebbe "in commenda" cioè fu investito dell'abbazia di S. Gratignano e Felino in Arona, il cui reddito 'era di duemila scudi
l'anno. Carlo accettò il "beneficio", ma distribuì le rendite ai poveri della zona.
Fece i suoi primi studi a Milano sotto la guida di saggi precettori. Nel 1552 si iscrisse all'Università di Pavia dove conseguì il 6 dicembre del 1559
la laurea "in utroque jure".
Carlo aveva dato a Pavia un buon esempio di virtù e di dedizione allo studio favorito dalla sua indole tenace e riflessiva e dalla sua condizione di "chierico".
Durante i suoi studi universitari e precisamente il 27 luglio del 1558 perse il padre, che era titolare del feudo.
Mediante felici trattative con gli spagnoli, che dal 1535 erano padroni del Ducato di Milano, egli riuscì a conservare alla sua famiglia il "Ducato di Arona"
e la "Rocca di Arona".
Alla morte del fratello, Carlo fu pregato dai parenti di abbandonare la "carriera ecclesiastica" e di prendere la guida del "feudo di Arona".
Egli resistette alla tentazione. Rimase fedele ai suoi propositi ed alla sua vocazione allo stato ecclesiastico.
Papa Pio IV, venuto a conoscenza delle capacità intellettuali del nipote, delle sue grandi doti di bontà e serietà, lo chiamò a Roma e gli affidò compiti
importanti da svolgere nella "Curia Romana".
Fu ordinato sacerdote il 17 luglio del 1563 e Vescovo il 7 dicembre dello stesso anno. Il 25 gennaio del 1564 ebbe il "pallio" di Arcivescovo.
Nel Concistoro del 12 maggio dello stesso anno fu preconizzato "Arcivescovo" di Milano con l'obbligo di rimanere a Roma a servizio del Sommo Pontefice
e nominato Cardinale.
Pio IV lo volle e lo tenne accanto a sè e si valse del suo consiglio per il governo della Chiesa. Carlo fu, forse, il primo "Segretario di Stato"
dei Sommi Pontefici.
Infatti per il suo consiglio ed incitamento Pio IV riprese il "Concilio di Trento" il 18 gennaio del 1562 e lo portò al compimento il 4 dicembre del 1563;
nè approvò i decreti e li promulgò il 26 gennaio del 1564. Istituì anche una Congregazione, che si disse "Congregazione del Concilio" per la retta
interpretazione dei "decreti" del Concilio di Trento.
Fu fra i compilatori del "Catechismo Romano" del Concilio di Trento.
Carlo rimase a Roma fino alla morte dello zio, avvenuta il 9 maggio 1565, che egli assistette amorevolmente fino alla fine.
Dopo la morte di Pio IV Carlo lasciò Roma e si portò a Milano dove prese "le redini" del governo della "grande e vasta arcidiocesi", nella cui guida
egli impegnò tutto sè stesso e vi spese tutte le sue migliori energie.
Volle prima di tutto conoscere il clero ed il popolo della arcidiocesi. A tale scopo indisse la sua prima Visita Pastorale, durante la quale venne a contatto
col clero e col popolo, dei quali conobbe i pregi ed i difetti, le necessità ed i bisogni; venne a conoscenza di tutta la organizzazione ecclesiastica e di
tutte le Istituzioni diocesane e delle loro caratteristiche, delle loro condizioni e necessità.
Alla fine della visita egli dette inizio alla sua "azione pastorale", riformando ciò che, a suo giudizio, era da riformare. Soppresse parrocchie, divenute
inutili, ne istituì altre, ritenute necessarie, dette norme di vita al Seminario, prescritto dal Concilio di Trento, per la formazione dei sacerdoti, dette ai
parroci norme precise per la catechesi al popolo, che aveva bisogno di una nuova evangelizzazione ecc.
Le sue virtù rifulsero particolarmente durante la peste, che infierì a Milano fra il 1576-1577, prodigandosi eroicamente ad assistere i colpiti dal morbo,
incurante di ogni pericolo di contagio.
Per l'assistenza agli "appestati" profuse tutto il suo patrimonio personale e usò le "rendite" della "mensa arcivescovile".
Consumato dalle fatiche sostenute cessò di vivere il 3 novembre del 1584. Fu iscritto nel "Canone" o "Libro" o "Albo" dei Santi da Papa Pio V il
1 novembre del 1610.
La sua attività fu presa a modello per i loro iscritti da tante "Associazioni o Confraternite di Misericordia", non ultima da quella di Fiesole,
la prima sorta nella diocesi fiesolana.